La data di oggi è quella di una giornata triste, che però non dobbiamo dimenticare.
Così nel mio piccolo ho pensato di parlare anche in questo caso di libri...andando a ricordare quei romanzi che aiutano a riflettere sul significato di quella tragedia.
A New York un ragazzino riceve dal padre un messaggio rassicurante sul cellulare: "C'è qualche problema qui nelle Torri Gemelle, ma è tutto sotto controllo". È l'11 settembre 2001. Tra le cose del padre scomparso il ragazzo trova una busta col nome Black e una chiave: a questi due elementi si aggrappa per riallacciare il rapporto troncato e per compensare un vuoto affettivo che neppure la madre riesce a colmare. Inizia un viaggio nella città alla ricerca del misterioso signor Black: un itinerario ricco di incontri che lo porterà a dare finalmente risposta all'enigmatico ritrovamento e ai propri dubbi. E sarà soprattutto l'incontro col nonno a fargli ritrovare un mondo di affetti e a riaprirlo alla vita.
August Brill ha 72 anni, ora vive nel Vermont a casa della figlia per rimettersi da un grave incidente d'auto. Nelle notti d'insonnia tiene occupata la mente immaginando storie che lo conducano lontano dalla sua vita, da ciò che vorrebbe dimenticare: la recente morte della moglie e l'orribile assassinio in Iraq del fidanzato della nipote che laggiù lavorava in un impresa di costruzioni. Sdraiato nel buio, immagina un'America dilaniata dalla guerra civile scoppiata nel 2000 durante la prima contestatissima elezione di Bush; un'America parallella nella quale non è avvenuto l'attentato dell'11 settembre. Mentre il destino del protagonista della storia fantapolitica diventa sempre più incerto, la nipote, anch'essa insonne, raggiunge il nonno e August capisce che non può più sfuggire ai racconti veri, alle vicende della sua vita.
11 SETTEMBRE. 10 ANNI DOPO di Noam Chomsky
In "11 settembre", pubblicato poco dopo la tragedia, Noam Chomsky ha analizzato gli attacchi al World Trade Center facendo piazza pulita del groviglio di opportunismo politico, patriottismo a buon mercato e conformismo che ha soffocato il dibattito negli Stati Uniti. Chomsky ha proposto una visione complessa, nella quale l'11 settembre si accompagna all'evoluzione della politica estera statunitense. Una politica spesso aggressiva: dall'America Latina al Medio Oriente, dal Pakistan all'Afghanistan. Una politica che ha risposto alla violenza con la violenza, incurante delle conseguenze. Oggi, come dieci anni fa, "11 settembre" ricorda a tutti noi che l'informazione e la trasparenza sono gli strumenti più validi per prevenire conflitti futuri. Aggiornato dopo l'assassinio di Osama Bin Laden.
L'UOMO CHE CADE di Don de Lillo
In Keith Neudecker lavora nelle Twin Towers e sopravvive al crollo di una delle due. Si ritrova coperto di cenere, vetro e sangue, in mano stringe una valigetta non sua. Scioccato, si fa portare a casa della moglie Lianne, dalla quale si era separato da oltre un anno. Keith e Lianne cercano di riavvicinarsi, con loro c'è il figlio Justin, che passa le giornate scrutando il cielo alla ricerca di altri aerei mandati da Bill Lawton (cosí, con i suoi amici, Justin storpia il nome di bin Laden). Dalla valigetta Keith risale a Florence, un'altra sopravvissuta, che inizia a frequentare all'insaputa della moglie. Una relazione, anche sessuale, retta sul trauma che li accomuna. Nella seconda parte compare Nina, la madre di Lianne. Da dopo il suicidio del marito sta con Martin, un uomo ambiguo che ha vissuto tra gli Stati Uniti e l'Europa: un miscredente, un occidentale, un bianco, ma forse anche un terrorista. Tre anni dopo, il tentativo di ricostruire la famiglia è fallito: Keith trascorre lunghi periodi in viaggio, da Parigi a Las Vegas, immerso nei tornei di poker, assorbito in una vita che lo riduce quasi una cosa; Lianne aiuta con corsi di scrittura creativa anziani affetti dall'Alzheimer e si è avvicinata alla religione cattolica. Le loro vite sono intersecate dall'uomo che cade, un performer che si lancia in caduta statica da vari punti della città, assumendo le posizioni di un uomo che si era buttato dalle Torri prima del crollo: "a testa in giú, con le braccia tese lungo i fianchi, un ginocchio sollevato".
Ho letto che è stata la carta a tenere acceso l’incendio nelle torri gemelle. Tutti quei quaderni, le risme di fogli per fotocopie, le stampate delle e-mail, le foto dei figli, i libri, i dollari nei portafogli e i documenti negli archivi. Erano combustibile. Forse se vivessimo in una società senza carte il mio papà sarebbe ancora vivo. Ho cercato le cartine e i disegni fino a trovare il corpo che cadeva.
Era
papà? Forse.
Chiunque
fosse, era qualcuno.
Ho
strappato le pagine dal libro, le ho rimesse al contrario, in modo che l’ultima
fosse la prima e la prima fosse l’ultima. Le ho sfogliate velocemente e
sembrava che l’uomo stesse alzandosi in cielo.
E se avessi
avuto altre fotografie, sarebbe volato dentro una finestra e dentro la torre e
il fumo sarebbe stato aspirato nel buco da cui l’aereo stava per uscire. Papà
avrebbe lasciato i suoi messaggi a rovescio finché la segreteria sarebbe stata
vuota e l’aereo sarebbe volato all'indietro fino a Boston. Papà avrebbe preso
l’ascensore per scendere in strada e schiacciato il bottone per l’ultimo piano.
Avrebbe camminato all'indietro fino al metrò e il metrò sarebbe andato indietro
nel tunnel fino alla nostra fermata.
Papà
avrebbe superato il tornello all'indietro e poi fatto sfilare al contrario la
sua tessera della metropolitana e sarebbe tornato a casa camminando
all'indietro mentre leggeva il “New York Time” da destra a sinistra.
Avrebbe
sputato il caffè nella tazza, si sarebbe sporcato i denti e si sarebbe messo i
peli in faccia con il rasoio. Sarebbe tornato a letto, la sveglia avrebbe
suonato al contrario, e lui avrebbe fatto i sogni al contrario. Poi si sarebbe
alzato alla fine della sera prima del giorno più brutto.
Sarebbe
indietreggiato in camera mia fischiettando al contrario ‘I am the warlus’.
Sarebbe
stato nel letto con me.
Avremmo
guardato le stelle sul soffitto, che avrebbero allontanato la loro luce dai
nostri occhi.
Io
avrei detto: “Niente” alla rovescia.
Lui
avrebbe detto: “Sì, pulce” alla rovescia.
Io
avrei detto: “Papà?” alla rovescia, che non è così diverso da papà detto
normalmente.
Mi
avrebbe raccontato la storia del sesto distretto, dalla voce nel barattolo fino
all’inizio, da “Ti amo” a “Una volta, ma tanto tempo fa…” e saremmo stati
salvi.
J.S. Foer, Molto forte, incredibilmente vicino
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